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Paola Peretti: dalla Palomar al successo in tutto il mondo
- 20 giugno 2019
- Scritto da: Scuola Palomar
- Category: Scuola

Paola Peretti è l’autrice di “La distanza tra me e il ciliegio” edito da Rizzoli, scritto durante il Master in Tecniche della Narrazione alla scuola Palomar è diventato un caso editoriale tradotto in tutto il mondo. Qui ci racconta il suo percorso emotivo, dall’iscrizione alla scuola alle librerie di tutto il mondo.
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Dicono che ognuno, quando nasce, prometta alla propria anima che riuscirà a tornare a casa, prima o poi. Ma quale storia dobbiamo vivere per arrivarci?
La mia storia inizia con dei no. La prima a dirmeli ero io, convinta di non essere tagliata per un lavoro fisso, una famiglia, una sistemazione tradizionale. L’istinto gridava di cambiare direzione, e quel no era confermato dalla mia stessa esistenza, che mi negava stabilità economica, fisica e sentimentale. Per quanto ci provassi, nemmeno il fuoco sacro che credevo mi bruciasse dentro trovava sfogo. I concorsi letterari? Mai vinto uno. I miei articoli su giornali e siti? Sempre criticati. Ormai ero convinta di avere il talento di un pentolino da the usato per cucinare un risotto al Francia Corta.
Nel momento in cui entrai a far parte della scuola Palomar, però, sapevo che la mia vita avrebbe avuto una svolta epocale, che quel sì mi avrebbe ripagata di tutti i trambusti passati. Lì potevo essere me stessa, una donna giovane ma con un grande dolore, appassionata di storie e di immagini che raccontano storie, come tutte le persone che frequentavano lo stesso corso. Quando vidi l’elenco dei nomi di quelli che sarebbero diventati i miei compagni, seppi che avrei condiviso con loro ciò che mi rendeva veramente me stessa. In pratica, stavo per conoscere undici anime gemelle. Ed è stato così. La prima lezione alla scuola Palomar scardinò ogni concezione che avevo di scrittura, di lezione, di amicizia. La scrittura non era un impeto incontrollato delle mie mani, non subito, ma un duro lavoro di pianificazione mentale, sulla base di altri libri, film e tecniche ben precise. Gli insegnanti non ci mettevano a tacere: volevano che tirassimo fuori tutto, idee, ricordi, opinioni. Per questo, ci, è voluto un po’ di tempo in più: liceo e università mi avevano castrata, e non ero pronta ad alzare la mano per prima. Infine, l’amicizia. Nella mia vita da adulta, difficilmente ero riuscita a legare così in profondità e in fretta con qualcuno. Ma con loro, i Palomari, sin dal primo pranzo fu amore, un amore nutrito da tante parole sui libri, sui film visti e da vedere, sulle nostre vite che si andavano intrecciando, ubriacando insieme.
Oggi, se ripenso ai viaggi in macchina verso Rovigo, alle notti negli hotel con l’acqua fredda e a tutti i giorni che sono venuti prima della scuola Palomar – giorni che sembravano uguali gli uni agli altri, giorni di lavori saltuari e di sforzi, giorni in cui spesso la frustrazione e la paura di non farcela mi assalivano – ecco, mi vedo soffrire e sorrido, perché, sì, era giusto così. Tutto questo mi ha portato qui, mi ci ha trascinato senza chiedere il permesso. E anche se ha fatto male, anche se la scuola stessa mi ha costretto a guardare dentro quella voragine che è in noi e che fa tanta paura, mi ritrovo ancora a sorridere e a dire: sì. Rifarei tutto da capo se quei binari spaventosi mi portassero di nuovo alla scuola Palomar.
L’avevo promesso alla mia anima, che ce l’avrei fatta a tornare a casa.
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